Giuseppe Pavone
Con le braccia aperte in faccia alla naca del sole
Adriatico spande nell’aria l’odore vivo del sarago
dopo aver messo incinte migliaia di cozze patelle
rientra da oriente a sparigliare i mondi nostrani
per ogni onda una geografia da rovesciare a riva
Per ogni onda una geografia da rovesciare a riva
sopra un trireme è giunto ieri un figlio di Minosse
con un orciolo di vino spremuto a caldo tra i piedi
ha piantato le tende e gli dei in mezzo alla pianura
e ha messo un ulivo a fare la parte del faro diurno
E ha messo un ulivo a fare la parte del faro diurno
prima che tizio caio e sempronio a botta di gladio
sbarcassero a taglieggiare anzitempo le granaglie
e mettessero sotto i piedi pure la rosa dei venti
per dire e spedire ovunque l’aggettivo nostrum
Per dire e spedire ovunque l’aggettivo nostrum
dopodiché una morra di caicchi trabaccoli tartane
e di velieri e gommoni ha inguacchiato l’orizzonte
ma non è questa la maniera d’imprigionare il blu
quanto è vero che certi giorni io mi chiamo mare
Quanto è vero che certi giorni io mi chiamo mare
perciò mi viene spesso in testa di mettermi a mollo
di andare sotto a parlare con le statue della sabbia
di fare pure il morto coricandomi sull’acqua salata
cosicché posso pure imparare l’arte della traversata.
Lino Angiuli